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giovedì, gennaio 31, 2008

sono rimasto a guardare.

Scesi dall' aereo, c'è questa fantastica pratica di perdere buoni quindici minuti ad aspettare che un bus si riempia per fare 200 metri, con un sostanziale spreco di tempo e inquinamento gratuito.

Quella sera, l'unica cosa consolante nel paesaggio erano le decorazioni natalizie dell' Oriocenter.

Non mi ricordo cosa stavo pensando quando a qualche centimetro da me ho visto di spalle un uomo tremare, urlare, sbattersi la testa con violenza sul vetro del bus, e poi stramazzare a terra. Ricordo solo di essere rimasto impietrito come un manichino mentre mi ronzavano in testa dei termini lontani, letti e sentiti raccontare, ma mai vissuti. Desideravo fosse tutto dietro a uno schermo.

Poi, lo sguardo di disgusto e voglia più di fuggire che fare qualcosa ha colpito tutti, voci che dicevano "sentito male", "chiamate qualcuno". Tutti, dagli uomini d' affari scocciati alle mamme con i passeggini, abbiamo fatto quello sguardo.

Poi un trentenne si è allontanato dalla sua donna e si è avvicinato, negli occhi preoccupazione e decisione. Poi le porte si sono aperte, mentre tutti sgusciavano fuori di fretta. Ricordo una ragazza che chiedeva ad alta voce, con tono stridulo e fastidioso:

"Che cos'è un attacco epilettico ?"

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